Le Ghiacciaie, perchè questo nome?

LA STRADA

Questa strada ricalca pressapoco il tracciato del primo decumano settentrionale minore della centuriazione romana. Trae il suo nome dal fatto che proprio qui, dove passavano le antiche mura, si scavavano delle buche che servivano a conservare il ghiaccio nei periodi caldi, chiamate appunto “ghiacciaie”.

Come erano fatte le ghiacciaie

LA NASCITA DELLE GHIACCIAIE PER USO ALIMENTARE

Il ghiaccio naturale in epoca passata consentiva di curare e di mantenere a lungo le derrate alimentari e per questo si doveva stoccare e proteggere durante le stagioni calde. Nacquero così le ghiacciaie: si scavavano profonde buche e si rivestivano di paglia. Nel periodo invernale, si riempivano di neve fresca che veniva pressata fino al raggiungimento del livello del terreno.
Nella Firenze tardo rinascimentale il ghiaccio era considerato un elemento fondamentale. Si cominciarono quindi a costruire delle “diacciaie” lungo tutto il tratto di mura esposte a tramontana e che andavano dalla Porta al Prato fino alla Porta a Pinti.

L’APPALTO DEL GHIACCIO

Quando l’inverno era mite e non garantiva così la produzione naturale del ghiaccio in città, si era costretti ad appaltarne l’acquisto per farlo arrivare dalle montagne. Fu così che in diverse località dell’Appennino si scavarono apposite buche che dovevano servire per riserva.
Nel 1776 Pietro Leopoldo abolì la forma dell’appalto, così ogni cittadino era libero di procurarsi il ghiaccio direttamente. Se lo credeva conveniente, poteva acquistare il ghiaccio nel giardino di Boboli. Ancora oggi è possibile vedere nel giardino due ghiacciaie a forma di cupola mentre a forma di piramide è invece quella nel parco delle Cascine.

LE GHIACCIAIE PER LA CONSERVAZIONE DEL VINO

Nella stagione calda le buche si svuotavano e si sfruttavano come cantina per tenere il vino in fresco, la frutta ed altri alimenti facilmente deteriorabili.


LE GHIACCIAIE E LA NASCITA DEL GELATO

Grazie anche alle ghiacciaie fiorentine si deve la nascita del gelato. Un certo Ruggieri, che vendeva polli nella Firenze governata dalla famiglia dei Medici, partecipò a una gara culinaria per la quale bisognava preparare il piatto più singolare che fosse mai stato visto. Preparò appunto un sorbetto-gelato riscuotendo un notevole successo. L’idea era quella di mantecare ancora di più i sorbetti girandoli e rigirandoli per diversi minuti in contenitori immersi nella neve. Caterina de Medici lo portò con sè in Francia e lo fece conoscere ai francesi.

Bernardo Buontalenti

IL GELATO DEL BUONTALENTI

Un altro fiorentino, Bernardo Buontalenti (Firenze 1531 – 1608), artista, architetto e scultore nonché abile cuoco, se ne appropriò. L’occasione arrivò quando ricevette l’incarico di organizzare una lussuosa festa in onore di una delegazione spagnola ospite del Duca. Il Buontalenti sbalordì letteralmente gli invitati con la preparazione di nuovi sorbetti che uscivano da uno strano marchingegno che lui stesso aveva progettato. La sua macchina a forma di scatola chiusa aveva un cilindro centrale contenente vari ingredienti freddi che si consolidavano grazie a spatole mosse di continuo da una manopola esterna.
Gli ingredienti del sorbetto quasi gelato sarebbero stati: neve, sale (per una legge fisica quest’ultimo abbassa la temperatura), limoni, zucchero, bianco d’uovo e latte. Una ricetta che fece il giro d’Europa e tutt’ora ancora usata nel gusto del gelato che porta il suo nome.

LE GHIACCIAIE E LO SPORT

Ovviamente le ghiacciaie così disseminate non erano tutte identiche, alcune “pativano” più il caldo, altre erano più protette e quindi vi erano quelle più o meno rinomate. Le più famose erano quelle comprese fra la Porta San Gallo e la Porta a Pinti. Queste, nel periodo invernale si preferivano per il pattinaggio, mentre nell’estate venivano sfruttate, come anfiteatro, per il gioco del pallone.
Una ghiacciaia molto famosa nel rione era quella detta del “Cardinale”e si trovava nei pressi della Fortezza da Basso. Forse fu qui la prima volta in cui ospiti stranieri esercitarono lo sport del pattinaggio allora sconosciuto ai fiorentini che subito lo introdussero nelle loro abitudini.